venerdì 10 febbraio 2012

Dinner


In piedi.
In cucina.
Rimestolo impressioni
in una casseruola di alluminio
antiaderente.


Giro, rigiro.
Mi giro.
Bevo un sorso di vino,
amabile
lui, sì.


Sulla tavola apparecchio silenzi,
li sistemo,
osservandoli con cura.
Li condisco di speranze,
ripieni al gusto di aspettativa.


E poi driin...la sveglia del forno
e una possibilità
pronta per essere addentata.

4 commenti:

  1. qualcosa preme contro le pareti - una compressione che tende a ... espandersi, all'infinito.
    Così mi arrivano le tue parole: un bisogno, come tu anche giustamente lo chiami, a cui prestare ascolto.
    grazie del tuo invito ...
    mi sento in un luogo familiare, dentro nelle tue parole

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    1. Benvenuta, Francesca.
      Per me è una gioia averti qui.
      Hai ascoltato il mio suono, silenzioso...assordante...
      un ultrasuono, direi, che coinvolge tutti i sensi.
      Come una danza, la mia, che segue il ritmo del respiro e del sospiro.
      Ogni frammento dell'Io viene lanciato al di fuori, nel tempo della domanda, per poi tornare indietro come un boomerang, ma con dentro nuove consapevolezze.
      Grazie della tua presenza e per le tue parole, intense e avvolgenti.
      Vieni a trovare i miei pensieri quando vuoi.

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  2. Più ti conosco, più conosco la tua opera, il tuo canto, Paoletta mia, più grande è la mia amirazione per te.

    Per esempio qui:
    Lo sento, lo vedo, letteralmente, il rimescolare in cucina, gesto umile che tutte noi abbiamo ripetuto centinaia, migliaia di volte nella nostra vita.

    «Giro, rigiro.
    Mi giro.
    Bevo un sorso di vino,
    amabile
    lui, sì.»

    Ma che meraviglia! Io ci provo, per conto mio, a narrare la mia esistenza, ma non ho la tua lucidità, la tua obbiettività, il tuo talento...

    E subito questo gesto umile, quortidiano, già negato da quell'accenno, come di sfuggita "lui, sì..." (tutto il resto no?)
    si carica di domande, di non detto, di dubbio, di malinconia, di tristezza, tristezza di donna, che noi donne conosciamo così bene da sentirne i graffi sulla nostra pelle bruciare a ogni alito di vento:

    «Sulla tavola apparecchio silenzi,»

    Che immagine! L'ho annotata nel mio taccuino rosso...
    Per poi sfociare nell'amarezza più dura:

    «Li condisco di speranze,
    ripieni al gusto di aspettativa.»

    E finalmente, appena in chiusura, il colpo di reni, il dire che la vita va vissuta, nonostante tutto, con ironia, con trasporto, con voglia di vivere appunto. E "addenti" al volo la "possibilità". una sola, notate amiche, una sola!

    Una "sinfonia domestica" apparentemente dimessa, come noi in cucina, con il grembiale sul seno e sul grembo, eppure profonda come un mare colmo di silenzio e di significato.

    Paoletta, sei meravigliosa, le parole da sole non possono dirlo.
    Ma tu già lo sai, astro del mio cuore, ormai mi hai catturata nella tua orbita gravitazionale, cara, e questo è per sempre.

    Con ammirazione
    Marianna

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    1. Una "sinfonia domestica": hai saputo dare un nome all'intenzione che mi ha guidato verso la realizzazione di questo piccolo pasto, così frugale nella scenografia, eppure talmente profondo nel significato.
      Ogni gesto, anche il più semplice, è stato accolto e gustato da te, dalla tua sensibilità, come fosse il tuo, quasi fossi lì, insieme a me, a rimestare impressioni, così, strette in un'attesa.
      L'ho scritta nel mese di ottobre, di getto, una sera. Le mani alle prese con un risotto ai porcini, il profumo nella stanza. Quel girare fino a formare un cerchio che si chiude, il tentativo di dare un senso a molte cose. Gli ingredienti che stanno lì, a disposizione, a portata di cuore, da scoprire, come una torta di mele calda, appena uscita da forno.
      Grazie di averne mangiato una fetta (la più sostanziosa)insieme a me.
      Sei tu, Marianna, meravigliosa. Il tuo sguardo lo è, ecco perchè ti adoro.

      Con tutto l'affetto che posso
      Paola

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