giovedì 19 aprile 2012

Risveglio

Photo: Maia Flore -  "Sleep Elevations".


Gli occhi si aprono come serrande liquide
sulle prime luci del mattino
il Sogno chiede, esige di essere liberato.
Le mani, affannate, tentano di trattenerlo
e lui, beffardo, ci rimanda alla prossima notte,
quella più vicina.
La sera, con le sue ombre avvolgenti, il suo silenzio di candele, il vino
e un nostalgico violino
in lei, tutto si fa Mistero.
Dalle sue dita affusolate cala un velo di seta che ricopre i pensieri,
li sfiora,
li nutre di nettare
ambrato.
Il giorno chiede conto delle azioni
e noi, attivi, perchè vivi, soddisfiamo le sue voglie.
La notte, generosa e Madre, non chiede nulla,
se non la nostra voglia.

(La sera: nell'abbraccio del suo manto contemplativo che sa consigliare, confortare, rincuorare, ma anche struggere, consumare, dannare, lì io mi ritrovo e mi amo come mai durante il giorno).

venerdì 13 aprile 2012

Dialogo tra due livelli di coscienza

a - Ascolta! Riesci a sentirlo?

b - Cosa?

a - Il Suono.

b - Quale suono?

a - ssshhh...eccolo di nuovo. Ascolta!

b - Non sento niente. Spiegati.

a - Se non lo senti, come faccio a spiegartelo?

b - Provaci!

a - Mmmm, è difficile.

b - Lo è più per me, che non riesco a sentire. Raccontamelo!

a - Non so se riesco a trovare le parole adatte.

b - Scegli tra le più semplici.

a - Ma è complicato!

b - Allora disegnamelo.

a - Non ho matite con me.

b - E tu usa la fantasia!

a - Eh, costa cara quella...

b - Fai parlare il corpo, i gesti, le mani.

a - Non basterebbe, è una questione di cuore.

b - Inizio a capire. E tu, la vedi quella Luce?

a - Quale luce?

b  - Come, la Luce.

a - Non riesco a vedere niente laggiù!

b - Non ho detto laggiù.

a - E dove allora?

b - Che te lo dico a fare, se non la vedi? E' una questione di cuore.

a - Se me lo dici, ti parlerò del Suono.

b - ssshhh...ascolta, ora mi pare di sentirlo!

a - Sì, e io riesco a vedere qualcosa. Qui dentro.

sabato 7 aprile 2012

Il numero imperfetto

Sei la parola che mi sfugge
l'istinto che protegge
l'abbraccio delle mani
la foglia sopra i rami
il sapore antico di una lacrima
un capolavoro d'epoca
il tempo incerto, instabile, mutevole
un rifugio tra le nuvole
il mascara che mi cola
e mi riga fino in gola
un cuore sfumato, disegnato
sopra un vetro appannato
il rosso di un tramonto
un inedito tormento
il riverbero del mare
terra sicura dove approdare
la nostalgia che abita i miei sospiri
l'affanno nel petto quando sono su di giri.

Sei l'incanto e la paura
la gioia e l'avventura
casualità di un incontro
il passo incerto, lento, attento
la linea netta della mano
l'armonia di un suono
un fiore rosso del mio giardino
odoroso e divino
un ferro che mi lavora a maglia
io, lì, sul filo di lana,
e  tu, la forbice che taglia.

Sei il tempo che mi manca
il vino che fermenta
la fiamma che m'infiamma
l'archetto di un violino
lo sguardo di un bambino
un battito di ciglia, incosciente
la devozione di una veglia, fervente
la strada che percorro
il sentiero in cui mi perdo
i colori intensi di un dipinto
le frasi celebri in un racconto
l'inquietudine che si scaglia
il dubbio che attanaglia
i cerchi di un sasso in uno stagno
le mani tese, tra le onde, a cercare un legno
un bagliore all'orizzonte
il mio più ardente amante
un paesaggio dal finestrino
il sale sulla pelle, fino.

Sei il piccio che mi prende
il bacio che mi attende
il laccio che cattura
il frutto che matura
eterna promessa che dura
la pancia che si gonfia
l'attesa che bofonchia
lo scambio della pelle
la punta delle stelle
un cibo che divora
l'attenzione che m'ignora
la chiave che mi apre
lo sguardo che mi segue
il foglio tra le dita
la bocca tanto amata
la forma che s'incastra
la stoffa che s'impiglia
il filo nella cruna
spilla d'ibiscus sulla mia veste bruna.

Sei il bottone nella mia asola
la zattera della mia isola
l'ovvio che sorprende
l'inatteso che stupisce
e tutto comprende
il sudore sulla pelle
noi, anime gemelle
la lunga notte da godere
il corpo feroce da sentire
i pugni stretti dalla rabbia
il morso di un rimpianto qui, sulle mie labbra.

Sei qualunque cosa io possa mai pensare
vivere, realizzare
o forse lo saresti
se solo tu esistessi.

mercoledì 4 aprile 2012

Dimora d'ambra

Affondo le caviglie nella terra umida.
Neri i capelli, in tutta la lunghezza
si spandono intrecciati,
s'insinuano attraverso i rami d'acero
come gambi freschi.

Dalla pelle bianca si staccano scaglie di corteccia,
nutrono il suolo di una tinta nuova.
Ad ogni passo fuoriesce linfa collosa dal mio taglio sotto il fusto.

Sei come mastice cicatrizzante.

Nell'aria intrisa di pioggia
il corpo è innaffiato dalla tua memoria.
Il vestito stracciato dai rovi
attende, incastrato tra una possibilità e un'azione.

Riflessi di un rosso carminio filtrano tra le crepe del tempo.

Dagli occhi, resina che cola, lenta,
dimora d'ambra
che accoglie la mia forma
mutevole, come le stagioni.
La custodisce per secoli.